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L’auto che verrà: fra car sharing e guida autonoma, come cambia il mercato

Secondo una ricerca del Censis dello scorso anno, nel 2005 i giovani compresi tra 18 e 29 anni coprivano il 13,8% del mercato automobilistico privato; a distanza di poco più di dieci anni questa quota è scesa al 8%. Nel 2005 i giovani compresi tra 18 e 29 anni coprivano il 13,8% del mercato automobilistico …

Secondo una ricerca del Censis dello scorso anno, nel 2005 i giovani compresi tra 18 e 29 anni coprivano il 13,8% del mercato automobilistico privato; a distanza di poco più di dieci anni questa quota è scesa al 8%.

Nel 2005 i giovani compresi tra 18 e 29 anni coprivano il 13,8% del mercato automobilistico privato; a distanza di poco più di dieci anni questa quota è scesa al 8%.

Pare che, al netto di ragioni prettamente economiche (come le difficoltà occupazionali, il complicato accesso al credito, la durezza della crisi economica dal 2008 in poi), l’appeal dell’auto tra i giovani si sia ridimensionato notevolmente. Lo dimostra anche il numero di patenti rilasciate: negli ultimi 5 anni c’è stato un calo superiore alle 100.000 unità tra i giovani in età compresa tra i 18 e i 24 anni.

Ormai è chiaro che qualcosa di irreversibile è accaduto nella domanda di mobilità tanto che si può tranquillamente affermare che una quota crescente di popolazione sta assimilando nelle proprie strategie di vita la rottura del legame tra il possesso di un bene (l’auto) e il suo utilizzo. Anche sull’automobile soffia forte il vento della condivisione.

Anche sull’automobile soffia forte il vento della condivisione.

La sharing mobility è ormai una realtà tanto matura che meriterebbe un intervento pubblico (ancora, probabilmente, di là dal venire) in grado di trasformarla in un fattore capace di ridurre la congestione delle nostre città.

La sfida del car sharing

La sfida dell’auto condivisa (car sharing) è tutto sommato semplice: ridurre il numero complessivo di auto aumentandone contemporaneamente la possibilità di utilizzo.

Oggi il car sharing italiano interessa una trentina di città e dispone di circa 5.500 veicoli condivisi di cui il 15% a trazione elettrica. Il che è interessante in quanto rende il parco auto condivise complessivamente più sostenibile di quello medio italiano, reso obsoleto anche per effetto della crisi economica.

Oggi il car sharing italiano interessa una trentina di città e dispone di circa 5.500 veicoli condivisi di cui il 15% a trazione elettrica.

Ovviamente, come successo a Milano a partire dal 2013, il punto di svolta (e il vero boom) del car sharing si avrà con l’introduzione in tutta Italia del car sharing a flusso libero. Il cambiamento avviene sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, in primo luogo perché permette di prelevare e depositare un’auto condivisa all’interno di una zona molto ampia e non più solo in specifiche stazioni. Inoltre, per il numero dei veicoli messi a disposizione dagli operatori privati che, a Milano, ad esempio, sono aumentati di quasi il 100% portando i noleggi da poco meno di 200 mila a quasi 7 milioni!

Oltre ai cambiamenti collettivi relativi ai comportamenti, vanno segnalati i rilevanti cambiamenti sul fronte tecnologico che cercano di intercettare la crescente e diffusa attenzione verso i temi della sicurezza e dell’ambiente.

Tutto ruota attorno allo “zero”

La proiezione sull’auto che verrà ecco che ruota, pertanto, attorno allo “zero”, emissioni zero e incidenti zero, e vede come protagonisti l’auto elettrica (che, tuttavia, in termini di congestione non migliora per nulla la situazione attuale) e l’auto senza guidatore, che abbraccia il fascino per la robotica e la tecnologia spinta tipica della nostra epoca.

Sebbene sia considerata da molti come il futuro della mobilità, quella dell’auto elettrica sembra una parabola che stenta assai ad impennarsi. I dati italiani oggi parlano di una lieve crescita della quota di mercato dell’auto elettrica (tuttavia pari allo 0,09% del totale). Nonostante ciò, Tesla resta ottimista e parla di stime pari a mezzo milione di auto prodotte nel 2018.

Sebbene sia considerata da molti come il futuro della mobilità, quella dell’auto elettrica sembra una parabola che stenta assai ad impennarsi.

Ma l’auto elettrica stenta in tutta Europa con la rilevante eccezione (la classica eccezione che conferma la regola?) della Norvegia dove gira il 17,3% dell’intero parco elettrico europeo e dove, non a caso, si pensa di bandire l’auto a combustione interna a partire dal 2025.

La guida autonoma

Per quanto attiene all’auto a guida autonoma, destinata a ridurre gli incidenti stradali, a cimentarsi saranno, probabilmente, nomi altisonanti quali Google, Tesla e Uber mentre Apple ha recentemente annunciato il suo abbandono.

La prospettiva dell’auto a guida autonoma sembra essere più vicina di una diffusione su larga scala dell’auto elettrica.

E così se la realtà industriale parla di un elettrico che ha una quota di mercato infinitesimale, la visione “zero incidenti” si affida a un futuro in cui l’auto a guida autonoma dovrà spazzare via tutti i costi sociali e ambientali generati dalle quattro ruote. Secondo un recente studio di Boston Consulting Group, infatti, l’auto senza guidatore ridurrà del 60% il numero di automobili sulle strade, taglierà l’80% delle emissioni e il 90% degli incidenti stradali.

L’auto senza guidatore ridurrà del 60% il numero di automobili sulle strade, taglierà l’80% delle emissioni e il 90% degli incidenti stradali.

In altre parole, la prospettiva dell’auto a guida autonoma sembra essere più vicina di una diffusione su larga scala dell’auto elettrica.

Laureato in Economia all’Università di Udine, si occupa di consulenza direzionale alle PMI del Nordest. Appassionato di start-up, è socio fondatore di Custodi di Successo FVG.

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