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Che cos’è un assistente virtuale intelligente?

Tecnicamente, per risolvere problemi reali per le aziende è necessaria l’intelligenza in ogni sua forma, ma abbiamo deciso di iniziare con l’NLP, (il linguaggio è alla base del pensiero), affrontando 3 necessità complementari

Non chatbot, ma AVI: assistente virtuale intelligente. La prima volta che ho sentito questa definizione mi sono incuriosito e ho contattato l’ingegner Alessandro Depase che, con il socio Gabriele Zucchella, ha fondato la Algaware. Questa startup propone consulenza, progettazione e sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale con particolare specializzazione nella progettazione e realizzazione di sistemi NLP (Natural Language Processing). Un sistema NLP, si specifica sul sito, non è la stessa cosa di un chatbot: un sistema NLP è una piattaforma complessa basata su tecniche AI per la comprensione del linguaggio naturale nella quale le funzionalità di chatbot interessano solo il più semplice dei moduli disponibili. Insomma, c’è di più. Per scoprire cosa, ho fatto quattro chiacchiere con Alessandro.

Ciao Alessandro, da dove viene la tua idea per la startup?

Nelle aziende, spesso, si impegnano risorse umane in compiti ripetitivi e ad apparentemente semplici, che per il dipendente sono però noiosi e poco motivanti e che non possono essere trattati da programmi “classici”: come dico spesso, infatti, anche per un copia e incolla serve capire il testo. Da questi pensieri, con il mio amico Gabriele Zucchella, nasce l’iniziativa Algaware.

Per migliorare i processi aziendali utilizzando le persone in ambiti a maggior valore sia per l’azienda che per il dipendente, riducendo i costi ed aumentando la soddisfazione di tutti, le tecnologie di Intelligenza Artificiale (IA) e di elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing, NLP, in inglese), in particolare, possono aiutare parecchio.

Alessandro Depase, Algaware
Alessandro Depase, Algaware.

Fammi capire: cercate di far capire l’italiano a un computer?

Proprio così. Per riuscirci ad alto livello è richiesta interdisciplinarità e noi possiamo unire ingegneria e psicologia, informatica e linguistica computazionale.

Ti occupi da tanto di questi temi?

La mia tesi in IA è del 1994, ma la passione era già nata al liceo. Sono rimasto negli anni sempre aggiornato anche quando l’IA non se la “filava” nessuno, mentre creavo aree aziendali da zero o gestivo oltre 90 risorse come manager in uno dei più grandi system integrator internazionali.

Il resto lo potete trovare su LinkedIn o sul nostro sito: l’esperienza in grandi realtà e progetti sempre innovativi, ma concretissimi, non ci manca.

Poi l’intelligenza artificiale è diventata di moda…

Già, quando l’IA è maturata sono tornato alle origini e ho coinvolto Gabriele in questa impresa. A febbraio 2020, quando sembrava si stesse partendo davvero, con perfetto tempismo, è arrivato il Covid e si è fermato tutto. Un anno di pausa anche per noi, durante il quale sono tornato alla consulenza su grandi team, gestendo progetti anche internazionali, per ripartire a fine giugno 2021.

Sorprendentemente, nel frattempo i big del mercato erano sì cresciuti, ma non così tanto da superare il livello che avevamo già raggiunto in certi ambiti. E che abbiamo ulteriormente incrementato nei mesi successivi.

Non c’è viaggio dell’eroe senza “sfide”: quali problemi e sfide hai affrontato fondando la tua azienda?

Tecnicamente, per risolvere problemi reali per le aziende è necessaria l’intelligenza in ogni sua forma, ma abbiamo deciso di iniziare con l’NLP, (il linguaggio è alla base del pensiero), affrontando 3 necessità complementari.

Partiamo dal primo…

Per diminuire il carico su risorse umane e call center, è necessario che gli Assistenti Virtuali Intelligenti (AVI, chiamarli chatbot è riduttivo), agenti software in grado di dialogare in italiano con il cliente, capiscano più frasi possibili e risolvano effettivamente i problemi, altrimenti otterremo un cliente arrabbiato che vorrà comunque parlare con un operatore umano. Non si può migliorare il business semplicemente rivedendo la grafica alle FAQ in modo da farle sembrare una chat: rischiamo l’immagine dell’azienda e non ridurremo il carico. È necessario gestire dialoghi evoluti, per esempio potendo interrompere il flusso per rispondere a domande e poi riprenderlo, chiedendo ulteriori informazioni mancanti o accorgendosi di aver capito male. Bisogna, inoltre, saper trattare risposte differenziate alla stessa domanda a seconda del contesto e delle peculiarità dello specifico cliente.

Ricapitolando: servono chatbot più “umani”. Secondo problema?

Per automatizzare l’estrazione di informazioni di business da una mail o un documento e poi inserirle in una applicazione aziendale non basta identificare le entità: per esempio, per le date, serve capire se siano di consegna, fatturazione, di ultimo contatto o altro. E se vogliamo capire dai social cosa non va in un nostro prodotto, non è sufficiente tracciare la reputazione dell’azienda, ma serve estrarre puntualmente gli aspetti da migliorare.

Quindi: comprendere meglio e contestualizzare i dati. Terzo?

Per costruire conoscenza riutilizzabile serve una “comprensione” più profonda della struttura della frase e dei suoi contenuti. Per fare un esempio, è possibile, leggendo le news di acquisizioni e rapporti tra aziende, costruire automaticamente un database di relazioni commerciali e partecipazioni. Per farlo, bisogna essere grado di individuare i concetti e collegarli tra loro grazie ad una specie di analisi logica del testo. Queste informazioni finiscono in un database strutturato, da cui è possibile estrarre puntualmente quello che serve.

Quindi, come dice Harari, dalle informazioni e dati generare conoscenza. Questi sono problemi lato sviluppo, ma dal punto di vista aziendale?

Il primo problema per Algaware è, invece, farsi conoscere e rendere credibile che sia davvero in grado di produrre risultati paragonabili, spesso superiori, ai “big player”, ma a costi più accessibili. Per questo ci teniamo al fatto che i nostri interlocutori possano verificare direttamente e praticamente le differenze. Inoltre, proponiamo un periodo di attività a nostro rischio: mostriamo cosa si può fare nei primi 20 giorni di lavoro effettivo per migliorare i processi. Alla fine completiamo il risultato fin lì ottenuto con una offerta: se va bene al cliente, proseguiamo col progetto, altrimenti amici come prima, non ci devono nulla.

Ma il mercato è pronto?

Il secondo problema, in effetti, è che spesso l’interlocutore non è preparato, lo capisce e sente il rischio di una mancanza di controllo. Serve quindi aumentare la cultura sull’argomento: proponiamo sempre una formazione durante il progetto e cerchiamo di spiegare i vari passaggi nel maggior dettaglio possibile. Inoltre stiamo pubblicando gratuitamente una serie di articoli e video su LinkedIn e YouTube anche per chi non è cliente. Inoltre serve studiare, assieme al prospect, un business case che mostri come i vantaggi possano essere economicamente tangibili anche nel breve periodo, pur partendo da ambiti semplificati.

Qual è il modello di business di Algaware?

Allo stato dell’arte a livello mondiale, ottenere vantaggi notevoli con l’elaborazione del linguaggio è possibile, ma per non disperdere risorse, è necessario un supporto esperto, non bastano le interfacce utente semplificate. Seguiamo quindi intensamente il cliente almeno per il primo progetto che, in sé, non è prioritario nel nostro business model: possiamo gestire tutto, dal project management, agli aspetti NLP a quelli di System Integration alla presentazione grafica, ma se il cliente è autonomo sull’informatica classica, ben venga. Contiamo lo diventi anche sull’NLP, dopo il primo affiancamento, ma siamo sempre a disposizione per supportarlo. Puntiamo più su una logica a consumo: così diventa interesse comune nostro e del cliente che la piattaforma venga utilizzata il più possibile, che sia effettivamente di supporto al business e che funzioni, con costi inferiori a quelli che dovrebbe sostenere altrimenti per ottenere gli stessi risultati. Non ci fermiamo al primo risultato: proponiamo una crescita ed un continuo miglioramento, supportando il cliente in scelte future. Sulle modalità, massima flessibilità da parte nostra: suggeriamo un SaaS, ma è possibile anche l’installazione on-site.

Quali saranno i prossimi passi?

Il bootstrapping, l’attività sui progetti è quella più naturale per la nostra esperienza ed è la prima direzione intrapresa. Per tradurre in pratica più velocemente le nostre idee, che nascono senza sosta, anche in altri campi dell’IA, sta però diventando sempre più importante trovare un partner tecnologico di livello, con una grande visione. Per questo motivo stiamo cercando di riattivare i discorsi iniziati a febbraio 2020 e di trovare altri interlocutori.

Cercate finanziatori?

La strada di possibili investitori non è esclusa. Al momento la capiamo poco, però stiamo approfondendo con amici più esperti di noi, che potrebbero aiutarci.

Giornalista hi-tech e formatore. Dopo la laurea con tesi sulle relazioni on-line nel 2001, ha lavorato per una dozzina d'anni nel settore dell’editoria informatica (Computer Idea, Il Mio Computer e altri). Ha scritto 16 tra saggi e manuali su Internet, PC, smartphone e social (su tutti Facebook e LinkedIn) ed è direttore della collana "Fai da tech" di Ledizioni. Attualmente si occupa di formazione sui temi del digitale. Sito Web: www.gianluigibonanomi.com

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