Confindustria digitale e Osservatorio agenda digitale del Politecnico di Milano hanno da poco pubblicato un report dal titolo: Fattore ICT, L’innovazione digitale per la crescita, la produttività, l’occupazione e la sostenibilità ambientale. Lo studio mette nero su bianco i motivi che hanno rallentato la digitalizzazione in Italia.
L’Italia investe in ICT circa due punti di PIL in meno rispetto alla media europea e il divario si amplia se guardiamo ai paesi maggiori.
Elio Catania Presidente Confindustria Digitale.
I sette freni della crescita digitale
1) Mix dimensionale e settoriale delle imprese
Il motore più potente per la diffusione di nuove tecnologie è spesso rappresentato dalle grandi aziende che hanno i capitali da investire e sedi internazionali in grado di recepire più velocemente nuove tecnologie e strategie di lavoro più efficienti, obbligando spesso anche i diretti fornitori ad adottarle. L’Italia però, rispetto ad altre economie, “ha poche grandi aziende (poco più di 3.000 contro le oltre 9.000 della Germania) e quindi il loro effetto innovatore risulta molto attenuato”. Oltre il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti e impiega il 50% degli addetti.
2) Capitale umano
“Sono le competenze possedute dal capitale umano la barriera più importante in tutti i paesi e in Italia in particolare”. Insomma, in Italia non ci si aggiorna abbastanza, di conseguenza diventa difficile essere competitivi. Ma il documento parla anche di “rigidità dei mercati del lavoro, dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni”.
3) Struttura dell’offerta
Bassa incidenza della spesa in ricerca e sviluppo, investimento fondamentale in un settore che si pone alla frontiera dell’innovazione. Da questo punto di vista è interessante notare che le aziende ICT italiane spendono complessivamente in
R&D poco più di due miliardi di euro, una quota pari allo 0,14% del PIL. Tale valore è molto lontano dalla media europea (0,31%) che a sua volta è nettamente staccata dai valori di paesi come gli USA (0,61%), il Giappone (0,82%) o la Corea (1,25%).
4) Ruolo della Pubblica Amministrazione
La Pubblica amministrazione dovrebbe essere il principale utilizzatore di tecnologie digitali di un Paese “per migliorare i propri servizi e rendere più efficaci le politiche pubbliche”. Dovrebbe inoltre incentivare i cittadini e le imprese “all’adozione di tecnologie digitali (ad esempio la fatturazione elettronica obbligatoria verso la PA)”. In Italia, tutto questo avviene in forte ritardo rispetto agli altri Paesi industrializzati. “È emblematico che, secondo quanto riportato in un recente rapporto, le Regioni italiane abbiano speso 5,3 miliardi di euro per i propri programmi di Agenda Digitale senza un coordinamento centrale unitario, che rendesse coerenti e sinergici i diversi programmi di investimento”.
5) Tasso di innovazione del Paese
“Il primo Paese per maturità e propensione all’innovazione digitale è la Finlandia, seguita da Singapore, Svezia e Olanda. Tra i 144 paesi censiti l’Italia si colloca solamente al 58° posto e ha perso 8 posizioni rispetto al 2013 e 10 rispetto al 2012″. Ma c’è anche un altro fattore abbastanza curioso: “l’Italia si trova in 31° posizione per quanto riguarda lo stato dei prerequisiti per la diffusione dell’ICT ma al 2° posto al mondo per numero di abbonati alla telefonia mobile”.
6) Infrastruttura digitale
Quando parliamo di innovazione digitale, non possiao fare a meno di pensare alla situazione italiana rispetto alla banda larga. “Le nuove tecnologie (cloud computing, big data, eCollaboration, video HD ecc.), nel loro inarrestabile progresso saranno sempre più divoratrici di banda, cui chiederanno velocità di connessione e disponibilità sempre crescenti”.
Un incremento del 10% nella penetrazione della Banda Larga genera un incremento del PIL pari a:
0,24 – 0,26% secondo l’Università della Columbia;
0,6 – 0,7% secondo Mc Kinsey;
0,9 – 1,50% secondo l’Università di Monaco.
7) Alfabetizzazione digitale delle famiglie
Questo è l’ultimo, ma non meno grave, problema. Il target europeo di persone connesse alla Rete entro il 2015 è del 75%, ma in Italia esiste un 34% della popolazione che non fa ancora alcun uso di Internet. “L’Italia appare in ritardo con ben il 60% della popolazione priva di skill digitali contro il 47% della media europea. Insomma, c’è davvero da rimboccarsi le maniche…
Fonte dei dati: osservatori.net