Bablyo: il primo social (italiano) dove il prodotto non sei tu
Il mantra che ormai tutti abbiamo imparato a memoria è semplice: “Se su Internet qualcosa è gratis, il prodotto sei tu”. Prendi per esempio un social come Facebook: iscrizione e uso sono a costo zero, ma in realtà si tratta di un baratto, hai una vetrina e uno strumento di relazione ma in cambio loro …
Il mantra che ormai tutti abbiamo imparato a memoria è semplice: “Se su Internet qualcosa è gratis, il prodotto sei tu”. Prendi per esempio un social come Facebook: iscrizione e uso sono a costo zero, ma in realtà si tratta di un baratto, hai una vetrina e uno strumento di relazione ma in cambio loro si prendono i tuoi dati. Una logica diffusissima, non solo nel mondo social, ma che evidentemente non sta bene a tutti. Bablyo non funziona così: questa nuova piattaforma di servizi social è a pagamento e non usa i dati per fare business. Quando l’ho scoperto ho subito voluto conoscere chi ha avuto questa idea. Allora ho scambiato quattro chiacchiere con Gianluca Brenelli, Ceo di Teiasoft Srls, e con Alessandra Saponaro, vice presidente di Teiasoft e responsabile del progetto Bablyo.
Gianluca e Alessandra, come è nata l’idea di Bablyo?
Gianluca: l’idea di un social a pagamento mi è venuta qualche anno fa, osservando le dinamiche delle piattaforme tradizionali. Era evidente come, in contro tendenza rispetto agli inizi del periodo 2004/2006, queste avessero basato il loro business model esclusivamente sulla vendita di pubblicità, portando l’utente (e il suo tempo) a diventare il prodotto da vendere agli inserzionisti. Nel 2019 abbiamo quindi deciso che i tempi erano maturi per iniziare a lavorare sul progetto. Stavano infatti cominciando ad emergere le prime avvisaglie di quei problemi nel mondo dei social che oggi sono noti a tutti. Parlo ad esempio della viralità delle fake news, i danni e i rischi per la salute mentale degli adolescenti (secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal, Instagram avrebbe un effetto negativo, rispetto alla percezione di sé e del proprio corpo, su una parte delle teenager, ndr), e molti altri ancora. Abbiamo poi iniziato a lavorarci giornalmente in concomitanza con l’inizio della pandemia e finalmente da pochi giorni siamo presenti sullo Store di Google in versione beta.
Qual è il modello di business?
Gianluca: il nostro modello di business rovescia completamente il paradigma dei social tradizionali. L’utente non è più il prodotto da vendere agli inserzionisti, ma è il nostro cliente.
Alessandra: questa è probabilmente la vera rivoluzione, se mi passi il termine. Dal momento in cui l’utente paga un abbonamento mensile si aspetta in cambio un servizio e, soprattutto, che questo rispetti veramente la sua privacy.
Gianluca: questo cambio di paradigma ci ha dato la libertà di creare un luogo virtuale che rispondesse a poche semplici domande: “Questa feature è utile per il Cliente? Il nostro servizio è di qualità?”. Noi non cerchiamo di far stare le persone il più a lungo possibile dentro Bablyo, non abbiamo inserzionisti ai quali mostrare i dati delle persone che hanno visto la loro inserzione pubblicitaria.
Alessandra: questo è un altro aspetto fondamentale. Non avendo pubblicità al nostro interno, trattiamo i dati dei nostri clienti solo per le finalità di erogazione del servizio, ovvero per far funzionare Bablyo.
Quali sono le principali caratteristiche di Bablyo?
Gianluca: la feature più importante per noi sta nella gestione dei minorenni all’interno della piattaforma. Ti faccio un esempio: in Bablyo non ci si può iscrivere se minorenni, ma io posso iscrivere i miei figli creando fino a quattro account “child” (compresi nel costo dell’abbonamento mensile). Come account “padre” manterrò il controllo della password e avrò una serie di opzioni configurabili.
Alessandra: alla fine ci saranno due social distinti in Bablyo. Uno dedicato ai minorenni e uno agli adulti. Le opzioni configurabili permetteranno punti di contatto tra i due mondi e saranno a carico dell’account padre.
Gianluca: essendo una piattaforma di servizi social, la scelta dei contenuti da vedere è a carico del cliente, che noi affettuosamente chiamiamo Bablyer. Venendo a mancare il concetto di amicizia o follower (almeno, nel modo in cui tradizionalmente li si intende), in Bablyo sono i contenuti, e gli argomenti che li definiscono, ad essere seguiti. Se io sono un appassionato di modellismo, configurerò gli argomenti e i contenuti che intendo seguire attraverso l’inserimento nell’apposita sezione di argomenti relativi al mondo del modellismo.
Alessandra: tra gli incentivi che pensiamo essere tossici, abbiamo anche eliminato la risposta ai commenti. Abbiamo notato infatti come troppo spesso sotto contenuti anche di qualità si aprano thread di commenti infiniti che esulano dal contenuto stesso.
Quali problemi e sfide avete affrontato durante lo sviluppo?
Alessandra: una volta raccolta l’idea ci siamo posti il problema di come strutturare Bablyo, sia da un punto di vista filosofico e conseguentemente tecnico. Possiamo dire che abbiamo lavorato per sottrazione. Studiando le piattaforme tradizionali ci siamo chiesti quali potessero essere quegli incentivi tossici che andavano eliminati, cosa portare al centro della piattaforma e cosa lasciare in disparte.
Gianluca: non è stato facile infatti scegliere di non avere, ad esempio, i like sui contenuti. Può sembrare una sciocchezza, ma in realtà ha un peso enorme nell’economia generale di una piattaforma social. Diciamo quindi che le sfide maggiori sono state più concettuali che tecniche.
Quali saranno i prossimi passi?
Gianluca: termineremo a breve la fase beta e, spero per fine anno, usciremo sull’Apple Store. Parallelamente ci concentreremo sulla ricerca di investitori che credano nel progetto. Non è facile, soprattutto in Italia, ma siamo sicuri della nostra idea e convinti che la risposta del pubblico sarà sicuramente premiante.
Alessandra: ovviamente svilupperemo tutte le idee che abbiamo in mente, e sono davvero molte. Vogliamo infatti fare di Bablyo uno strumento che possa essere utile anche nella vita reale.