Internet of Things, in Italia il mercato vale 3,7 miliardi di euro
In Italia il mercato degli oggetti connessi vale 3,7 miliardi di euro, in crescita di oltre il 30% l’anno. L’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano ha analizzato le dinamiche inerenti la diffusione di questi prodotti, individuando trend e futuri sviluppi. Risultato: aspettiamoci l’arrivo di servizi abilitati dall’IoT che diverranno il vero business per le imprese ma che, soprattutto, cambieranno le nostre abitudini di tutti i giorni
L’Internet delle Cose, o Internet of Things o, ancora, IoT è un mercato che secondo le stime più recenti, a livello globale vale oltre 170 miliardi di dollari. Un mercato che è destinato a crescere con un tasso annuo di quasi il 30%, fino a raggiungere l’astronomico fatturato di 560 miliardi nel 2022. In Italia stiamo parlando di un valore complessivo intorno ai 3,7 miliardi di euro nel 2017, con una crescita del 32% rispetto al 2016. Lo attestano i dati raccolti dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, nato nel 2011 e composto da un pool di studiosi di varie competenze ed estrazioni che esamina da vicino l’evoluzione di questo mercato.
Connessi tutto il giorno
Ma quando parliamo di IoT, che cosa intendiamo esattamente? Sotto questa sconfinata categoria rientrano tutti quegli oggetti connessi al web, attraverso varie tecnologie di comunicazione, che in qualche modo, con più o meno intelligenza integrata, sono in grado di fornirci informazioni utili alla nostra vita quotidiana o alle nostre attività, dandoci un aiuto concreto e, in qualche caso, diventando anche vere e proprie estensioni della nostra corporeità.
Gli ambiti applicativi possono essere infiniti: consentirci di monitorare i consumi elettrici o di energia per il riscaldamento e per la climatizzazione, in modo da razionalizzarli e risparmiare; fornirci informazioni sui nostri parametri vitali, durante il sonno o l’attività fisica, per essere sempre in forma; segnalarci dove ci troviamo durante un viaggio in auto o in moto, una pedalata in bicicletta o un trekking su un sentiero; dirci dove sono i nostri figli o la nostra automobile, per vivere più tranquilli.
I dati dell’Internet of Things
L’elenco è infinito e questo spiega anche perché il mercato dell’IoT valga così tanto e sia in crescita costante. In questo nostra pubblicazione ci limiteremo a esplorare gli ambiti applicativi dell’IoT legati alle nostre casee alle nostre vite quotidiane, tralasciando altre applicazioni, come quelle industriali, per il commercio o per l’agricoltura, che pure stanno sperimentando una crescita impressionante e che si candidano a trasformare le nostre esistenze, in un prossimo futuro, anche e soprattutto negli affari e sul posto di lavoro. A fornirne lo spaccato più aggiornato è il Rapporto pubblicato ad aprile, quindi freschissimo, da parte dell’Osservatorio Internet of Things. «Un lavoro – spiega il direttore scientifico Giulio Salvadori – che ha visto anche la collaborazione di 47 aziende partner che ci hanno aiutato a definire le metodologie di inchiesta e ad esplorare i vari ambiti applicativi, segnalandoci oltre 500 progetti IoT avviati in Italia e ben 606 start-up attive nel settore. Tra i temi più caldi figurano quelli della casa connessa, ma anche l’applicazione dell’IoT nel retail, nei negozi e nel commercio, oltre che nella trasformazione delle città in entità più intelligenti e connesse, con servizi più efficienti di monitoraggio del traffico o di individuazione delle infrazioni».
L’evoluzione nel servizio
Finora, però, notano gli esperti dell’Osservatorio, il mercato dell’Internet of Things domestico è stato popolato da oggetti, connessi sì, ma poveri di funzioni, in grado di sfruttare soltanto in misura marginale le potenzialità della tecnologia. «Ora invece – osserva ancora Salvadori – stiamo assistendo a un cambiamento di scenario. All’oggetto connesso in sé si stanno abbinando sempre di più i servizi, che diventano il vero valore aggiunto del prodotto e lo trasformano in un’ulteriore occasione di business».
Uno tra i primi esempi sono stati i bottoni “dash” di Amazon, piccoli oggetti connessi da collocare, per esempio, vicino alla lavatrice o alla macchina del caffè a capsule, che il proprietario può impostare dal suo smartphone come vuole e che schiaccia ogni volta che deve fare rifornimento di un determinato prodotto, come il detersivo per il bucato o, appunto, le capsule per il caffè. In questo modo parte automaticamente l’ordine, in quantità prefissate.
Home speaker in crescita
Ma il vero segnale della svolta nella direzione dei servizi è, rileva l’Osservatorio Internet of Things, «l’affacciarsi sul mercato dei cosiddetti home speaker, iniziato nel 2017. Si tratta di dispositivi che consentono di impartire ordini attraverso comandi vocali, per sentire la musica ma anche per governare una serie di oggetti connessi come sensori, lampadine intelligenti, termostati». Sono equipaggiati con sistemi di riconoscimento vocale basati sull’intelligenza artificiale, sempre più efficienti, identici a quelli installati ormai di default sugli smartphone, come Siri di Apple, Google Assistant, Cortana di Microsoft, Amazon Alexa. Gli home speaker, piccoli oggetti da posizionare dove si vuole su un tavolino o in una libreria, stanno invadendo il mercato. Secondo i dati raccolti dall’osservatorio ne sono uscito nel 2017 almeno 50 modelli diversi, da un gran numero di produttori, e ne sono stati venduti globalmente oltre 40 milioni di pezzi.
La questione della privacy
In seguito al boom degli home speaker e di altri prodotti simili basati sull’intelligenza artificiale assistiamo sempre di più all’integrazione degli oggetti IoT con tecnologie di punta come il machine learning e la blockchain, il sistema di condivisione dei dati su cui si basa, per esempio, il successo di criptovalute come i bitcoin. I servizi, però, funzionano soltanto se sono alimentati dai dati raccolti dagli oggetti connessi, capaci di raccontare cose su come utilizziamo questi prodotti e, in definitiva, su quello che facciamo a casa nostra. Nel febbraio 2017, per fare un solo esempio, il garante per la privacy della Germania ha bandito dal mercato tedesco una bambola, chiamata “My friend Cayla”, perché considerata uno strumento di trasmissione nascosto, capace di registrare le conversazioni delle bambine, di captare i loro gusti e preferenze e di rivolgere anche messaggialle loro piccole proprietarie, rispondendo alle loro domande. Il garante ha intravisto in questo prodotto il rischio che, per suo tramite, possano essere indirizzati ai piccoli messaggi pubblicitari occulti.
La GDPR
Anche in seguito a episodi come quello della bambola Cayla si è dimostrata l’attualità di una normativa europea, la cosiddetta GDPR (General Data Protection Regulation), che impone ai costruttori di oggetti, sempre più connessi come abbiamo visto, di progettarli in modo da essere intrinsecamente sicuri anche dal punto di vista della raccolta, del trattamento e dell’utilizzo dei dati. La GDPR introduce il concetto di “security by design”, cioè di progettazione di un prodotto che tenga conto fin dall’inizio non soltanto l’incolumità fisica del suo utilizzatore, come avviene già da molto tempo in Europa, ma anche la sicurezza dei dati e la tutela della privacy. La GDPR, varata dalla Commissione Europea nel 2016, è entrata definitivamente in vigore a partire dal 25 maggio 2018, data oltre la quale i costruttori devono dimostrare di essersi conformati al nuovo regolamento europeo a tutela della privacy dei consumatori.
Startup e lavoro
Un altro boom legato all’IoT riguarda l’occupazione. La diffusione sempre più capillare della tecnologia ha reso possibile la nascita di aziende di nuovo tipo e nuova concezione, orientate allo sviluppo di prodotti e servizi. L’Osservatorio Internet of Things ha censito nel mondo oltre 426 startup impegnate in questo settore, che hanno avuto la capacità di drenare ingenti finanziamenti, nell’ordine di 30 milioni di dollari ciascuna. La maggior concentrazione di queste imprese è negli Stati Uniti, ma esistono anche interessanti casi italiani.
C’è però ancora un problema di fruibilità. Spesso gli oggetti connessi richiedono competenze che l’utilizzatore non possiede e avrebbero bisogno di tecnici in grado di installarli e di attivarli. Un esempio per tutti sono i router che portano la connessione al web dentro le nostre case. C’è però carenza di queste figure professionali, che impone la definizione di nuovi percorsi di formazione professinoale e di iter scolastici con un impronta squisitamente tecnica.
Smart car e consumi
Che cosa fanno queste start-up? Prodotti, come dicevamo, che stanno facendo sempre più breccia sul mercato. Analizzando il mercato italiano, gli oggetti IoT più venduti sono, al momento, quelli per lo “smart-metering”, cioè la misurazione intelligente dei consumi, spinti in particolare dal rinnovamento del parco contatori italiano con dispositivi smart, in grado di leggere i dati e trasmetterli a distanza: si parla di 1,8 milioni di contatori elettrici e 2,4 milioni di contatori per il gas installati in utenze domestiche nel 2017. Questi dispositivi, da soli, rappresentano quasi la metà del fatturato IoT in Italia. Al secondo posto per diffusione e penetrazione nel mercato troviamo le “smart-car”, le auto intelligenti, ormai sempre più connesse, anche per effetto di una nuova normativa europea, in vigore da marzo, che impone che tutte le vettura di nuova immatricolazione siano dotate di un dispositivo chiamato eCall, da attivare in caso di incidente con un semplice pulsante per richiedere eventuali soccorsi. Anche soltanto per questo motivo, al di là dell’impiego di navigatori satellitari o di altri dispositivi di assistenza alla guida sofisticati, le auto escono dal concessionario già connesse alla rete.
Cosa ci riserva il futuro
Secondo l’Osservatorio Internet of Things saranno soprattutto i dispositivi per lo smart-metering, per l’auto connessa e per la casa intelligente a crescere di più nei prossimi mesi, alimentando un mercato sempre più ricco e importante. Per quanto riguarda la casa, una probabile forte spinta sarà impressa dall’arrivo, a partire dallo scorso marzo, degli home speaker Google Home, i primi in grado di capire ordini in lingua italiana. Finora, infatti, gli altri oggetti simili già disponibili sul mercato funzionavano soltanto in inglese, riducendo di fatto la loro penetrazione nelle nostre case. Un’altra linea di sviluppo sottesa dalla diffusione dell’IoT domestico riguarda i servizi sempre più utili e articolati connessi agli oggetti venduti. Al momento quelli proposti sono ancora, nella maggior parte dei casi, elementari e si limitano al salvataggio di dati nel cloud o all’invio di segnali di allarme. Ma altri, più sofisticati, sono in arrivo per aiutarci nella gestione domestica in modo sempre più utile e intelligente.
StartUP-NEWS.it è scritta, ideata e portata avanti da persone che sono prima di tutto startupper di se stesse, giornalisti e liberi professionisti che ogni giorno si scontrano e incontrano in prima persona con le problematiche e le realtà che decidiamo di raccontare.