Sino allo scorso novembre, il metaverso era un termine appartenente alla fantascienza, ai romanzi cyberpunk di Neal Stephenson, un concetto introdotto nel libro Snow Crash. Poi Facebook ha cambiato nome in Meta, e da quel momento in poi tutti hanno iniziato a parlare di metaverso e a proporre la loro visione e la loro soluzione. Ma come è possibile? Zuckerberg annuncia di essere al lavoro su un tema ancora inesplorato e già tutti sono in prima linea? E come mai nessuno fino a quel giorno si è fatto avanti? Per dare una risposta a queste domande, è necessario capire cosa è esattamente il metaverso, tenendo a mente che come ammette lo stesso fondatore di Facebook, non esiste una definizione o una visione condivisa.
Cosa è il metaverso?
Possiamo considerare il metaverso come un mondo tridimensionale virtuale incentrato sulle connessioni sociali. Nella visione di Facebook, questo mondo sarà accessibile tramite visori di realtà virtuale, una tecnologia sulla quale l’azienda di Menlo Park sta investendo da anni parecchi miliardi, a partire dall’acquisizione nel 2014 di Oculus VR, azienda fondata da un giovanissimo smanettone, Palmer Luckey, che ha avuto l’intuizione di creare un visore per la realtà virtuale a basso costo. Luckey era riuscito a ottenere sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter un finanziamento dal basso di circa 2,5 milioni di dollari, merito anche del “supporto” di John Carmack, il genio della programmazione autore di videogiochi iconici come Doom e Quake, che ha subito creduto nel potenziale del progetto. Poco tempo dopo Facebook ha acquisito l’azienda di Luckey per 2 miliardi e due anni dopo, nel 2016, è stato lanciato sul mercato il primo modello di Oculus VR, poi perfezionato con successive evoluzioni. Nella visione di Zuckerberg, per accedere al multiverso si useranno visori per la VR, che garantiscono una totale immersività nell’ambiente, estraniandoci dal mondo fisico. Qui si potranno incontrare amici, clienti, collaboratori e comunicare e condividere informazioni con loro, come in una sorta di videocall in Zoom più evoluta, con un’interfaccia più naturale.
Un metaverso o tanti metaversi?
È però lo stesso Zuckerberg a sottolineare che a oggi nessuno sa come prenderà forma il metaverso, né sapere quale sarà l’interfaccia privilegiata per accedere a questo mondo. Altre aziende, per esempio Cisco – da sempre uno dei punti di riferimento nell’ambito delle soluzioni di comunicazione e collaborazione da remoto – hanno una visione leggermente differente, e sono convinte che i visori VR saranno solo uno degli strumenti per l’accesso, affiancati da visori per la realtà aumentata, ma anche da più comuni computer o smartphone.
Anche l’estensione del metaverso è materia di discussione: i più visionari si immaginano una sorta di digital twin del pianeta, mentre i più cauti si immaginano una serie di walled garden separati, come del resto è oggi Internet.
I più visionari si immaginano una sorta di digital twin del pianeta, mentre i più cauti si immaginano una serie di walled garden separati, come del resto è oggi Internet
Proprio questa differenza di vedute ha fatto sì che più di un’azienda cambiasse la propria comunicazione per inserire il termine “metaverso” nei loro comunicati e nelle schede prodotto, così da garantirsi maggiore visibilità dimostrando a tutti di essere al passo coi tempi, poco conta che la tecnologia sia quella già disponibile da tempo. Un esempio è Roblox, un videogioco online dove i partecipanti possono creare i loro mondi virtuali e condividere al loro interno esperienze. Proprio questo esempio ci fa capire che alla fine molti di noi sperimentano da anni il metaverso: World of Warcraft è stato forse il metaverso di maggior successo nella storia, insieme appunto a Roblox, dove aziende come Nike stanno già investendo per creare i loro mondi privati, a MineCraft, videogioco di tipo sandbox sviluppato nel 2009 dallo svedese Markus Persson e acquisito da Microsoft nel 2014 per 2,5 miliardi di dollari, e non solo.
Oggi il metaverso viene visto come uno strumento di business: non vi si accede solo per giocare e svagarsi dopo una lunga giornata di lavoro
Ma cosa distingue il metaverso da queste esperienze? Fondamentalmente il modello di business: i mondi virtuali creati fino a ora sono per lo più videogiochi, appartengono alla sfera dell’intrattenimento. Oggi il metaverso viene invece visto come uno strumento di business: non vi si accede per svagarsi dopo una lunga giornata di lavoro, ma rappresenta l’evoluzione degli strumenti che abbiamo usato (fin troppo!) durante la pandemia per ovviare alle limitazioni imposte dal distanziamento sociale e dai lockdown. Soluzioni come Team, Zoom e Google Meet sono state le chiavi per garantire la continuità del business durante la pandemia, ma quando l’emergenza Covid sarà passato, si continueranno a usare, e si dovranno evolvere di conseguenza. Perché lo schermo piatto non è la soluzione migliore per partecipare a un incontro di lavoro: un mondo virtuale, dove le persone sono rappresentate dai avatar personalizzati, può rendere la comunicazione più naturale. E questo vale per i meeting di business così come gli eventi, che sempre più spesso saranno organizzati in formato ibrido, con alcuni partecipanti in presenza e altri da remoto.
Il metaverso è una bolla?
Si tratta di una moda del momento, di una bolla che sparirà fra un paio di anni? Non è da escludere: già in passato abbiamo visto trend di questo tipo disfarsi come neve al sole. Negli anni 90, per esempio, la realtà virtuale sembrava una rivoluzione inevitabile, ma i riflettori su questa tecnologia si sono spenti sino a che 20 dopo Luckey Palmer è riuscito a risvegliare l’interesse verso i visori. E nei primi 2000 abbiamo già visto un mondo virtuale che doveva stravolgere il nostro modo di interagire, Second Life, che dopo qualche anno di successo si è ridimensionato enormemente. Non mancano però indicatori che suggeriscono che questa potrebbe essere la volta buona: le soluzioni di realtà virtuale, aumentata e mista (ricade in quest’ultima categoria il visore HoloLens di Microsoft) sono oggi molto utilizzate in ambito business, per esempio per facilitare l’assistenza remota e la collaborazione da remoto, dato che i partecipanti a una riunione possono condividere non solo documenti ma anche modelli 3D, ruotabili e zoomabili in tempo reale, come si si trattasse di mockup fisici. Secondo Gartner, nel 2026 il 25% della popolazione mondiale spenderà almeno un’ora al giorno nel metaverso e quasi un’azienda su 3 (il 30%) avrà un prodotto o servizio che fa leva sul metaverso.
Secondo Gartner, nel 2026 il 25% della popolazione mondiale spenderà almeno un’ora al giorno nel metaverso e quasi un’azienda su 3 (il 30%) avrà un prodotto o servizio che fa leva sul metaverso.
Il metaverso come opportunità di business
Indipendentemente dalla forma che prenderà il metaverso, è chiaro che al momento sia una grande opportunità di business. Il motivo è semplice: la pandemia ci ha abituato a lavorare da remoto e ci ha fatto scoprire come non sia necessario essere sempre in ufficio per essere produttivi, anzi. La produttività è aumentata in molti casi, nonostante le persone fossero lontane dal luogo di lavoro. E ora premono per proseguire con queste modalità, in molti casi anche “minacciando” i datori di lavoro di cercarsi alternative se non verranno mantenute, e magari potenziate, le formule di smart working. Si collaborerà sempre più a distanza e poco conta che lo faremo con caschetti per la VR o col semplice schermo del computer: sono necessarie soluzioni ancora più efficaci di quelle attuali e c’è molto spazio di crescita, non solo per i big del settore, ma anche per le startup.
La palermitana Coderblock, per esempio, sta lavorando sulla creazione di uffici virtuali in 3D per rendere lo smart working più efficace; la casertana Rawstone, invece, applica il concetto di gamification a vari ambiti: rivoluzionare l’esperienza nel mondo del retail, così come strumento destinato ai reparti HR per potenziare la selezione del personale. Ma non c’è spazio solo per chi crea mondi virtuali: il metaverso avrà una sua economia ed è un’enorme opportunità per chi opera nel campo della blockchain, delle criptovalute e degli NFT, che oggi stanno vivendo un periodo particolarmente felici. Approfondiremo questi temi nei prossimi articoli legati al tema.