Come suddividere le quote di una startup
Come suddividere le quote di una startup? Ecco una guida che ti permetterà di evitare ogni errore e partire con il piede giusto!
Uno dei temi più complessi da affrontare quando si avvia un’impresa è la suddivisione delle quote di una startup.
Se lavoriamo da soli, abbiamo fondi e decidiamo di assoldare consulenti, il problema non si pone. Ma un’azienda che vuole avere delle speranze di crescita non può fare a meno di una squadra di gente motivata e accomunata da un obiettivo comune!
C’è una cosa sulla quale concordano i principali esperti di startup: suddividere le quote nella maniera più semplice, ovvero equamente, è di certo quella più sbagliata.
David S. Rose – The Startup Checklist
Il fondatore (o i fondatori) dovrebbero assegnare delle quote commisurate unicamente all’apporto verso l’azienda:
- il Socio A è colui che ha avuto l’idea di business,
- il Socio B ha le skill necessarie e l’esperienza per mettere in pratica l’idea,
- il Socio C ci ha messo sangue e sudore, lavorando 20 ore al giorno per mantenere gli obiettivi prefissati,
- il Socio D ha una rete di contatti che possono rappresentare un aspetto chiave per il successo o il fallimento dell’azienda,
- il Socio E che ci ha messo un sacco di soldi per tenere in vita il progetto.
Di qui, un primo grande problema: come dare il giusto valore ai contributi di tutti i soci?
Come dare valore ai contributi dei soci e suddividere le quote di una startup
Non è per niente facile! E, a rendere il tutto ancora più complicato, c’è il fatto che non esiste una formula magica per farlo.
La cosa certa è che il denaro è misurabile, tutto il resto non lo è.
i conseguenza, o si traduce tutto in denaro oppure… non se ne esce!
“Un sistema migliore – racconta David S. Rose nel suo libro: The Startup Checklist – è quello di separare i due aspetti del “sudore” che ognuno ha messo nella nuova avventura. Sono differenze critiche che portano con se differenti attributi economici”. Ma come riuscirci?
Valore imprenditoriale e valore di mercato
Il primo aspetto è il valore imprenditoriale del fondatore o dei fondatori, che è quello che avviene se qualcuno avvia una nuova impresa e crea valore.
Se fondi un’azienda, parti con un round di investimenti e raccogli fondi per una valuation di 2 milioni di dollari, allora il valore imprenditoriale del lavoro e degli sforzi necessari per arrivare a quel punto è di 2 milioni di dollari.
Ma il valore creato non ha niente a che vedere con lo sforzo che ci è voluto!
Potresti infatti aver lavorato 18 ore al giorno, sette giorni su sette, per 5 anni (in quel caso il valore del tuo sforzo è di 8,70 dollari all’ora) oppure potresti aver creato quel valore attraverso un piano brillante, una pianificazione perfetta e un team che hai messo insieme e motivato in sole due settimane di lavoro rilassato.
Il secondo aspetto è il valore di mercato ovvero quanto costerebbe pagare delle persone che hanno le skill necessarie a quel lavoro? Se lo stesso risultato si fosse ottenuto pagando 2.000 euro a un professionista, ebbene quello è il valore commerciale dello sforzo.
Una volta che un’azienda è stata fondata e valutata, le quote d’impegno (sweat equity) dopo quella fase, normalmente verranno compensate in base al valore di mercato (replacement cost number) ovvero il salario che la persona avrebbe guadagnato se fosse stato pagato, più un 25-50% di extra come riconoscimento del fatto che quella persona si è presa il rischio di non essere pagata affatto se le cose fossero andate male.
Dividere le quote di una startup, ecco come fare: la nostra guida
La divisione delle quote di una startup tra i fondatori o tra i soggetti che subentrano in un secondo momento può essere un momento critico nella pur giovane vita della tua idea di business ma… come tale è bene affrontarlo con la giusta consapevolezza, al fine di non trascurare quello che è uno degli elementi di maggiore rilevanza nella creazione di una nuova impresa (e, in verità, anche uno degli elementi che crea le più frequenti diatribe nell’assetto costitutivo della startup).
Proprio per affrontare un tema così rilevante, abbiamo scelto di predisporre un approfondimento che ti permetterà di capire:
- come dividere le quote di una startup correttamente e senza creare malumori tra i soci fondatori;
- quali sono i criteri che potresti utilizzare nella ripartizione delle quote societarie della tua startup;
- come non commetterei più frequenti errori durante la ripartizione delle quote di una startup.
Iniziamo subito!
Divisione delle quote di una startup tra i fondatori
Cominciamo affrontando uno dei temi fondamentali di questo approfondimento. Ovvero, come dividere le quote della startup tra i fondatori?
Come farlo nel modo più corretto? E come evitare che il ruolo di ciascuno possa essere valorizzato giustamente?
La risposta è semplice e complessa nello stesso momento.
È semplice, perché basta individuare un criterio di ripartizione e, successivamente, applicarlo al patrimonio della startup.
È complesso, perché è arduo trovare un criterio che possa attribuire i giusti meriti a ciascuno.
Quel che infatti accade di frequente è che tra i fondatori della startup tutti pretendano di avere il maggiore merito dell’idea di business e, dunque, puntino a una quota maggiore rispetto a quella degli altri cofondatori.
Ecco dunque che, ancora prima di parlare di numeri, è bene che i soci fondatori trovino il giusto accordo su quale elemento deve essere utilizzato per la ripartizione, tra:
- contributo in termini di tempo durante la nascita della startup;
- valore economico in termini di capitale e altri mezzi propri conferiti nella startup;
- esperienza imprenditoriale, immagine e competenze messe a disposizione nel progetto.
Una volta individuato il criterio, sarà possibile procedere alla ripartizione delle quote di una startup in modo più preciso, evitando grattacapi e malintesi tipici di questa fase di costituzione e avvio.
Ma qual è il criterio maggiormente consigliabile? Qual è quello che dovresti seguire per arrivare a un risultato soddisfacente?
Quale criterio seguire per dividere le quote di una startup
Diciamo subito che non esiste un criterio necessariamente migliore degli altri e che tutto dipenderà dalla natura e dalle caratteristiche della tua startup.
Se per esempio nella startup a rilevare è soprattutto il lavoro delle persone, piuttosto che il capitale, allora probabilmente un criterio idoneo per ripartire le quote della startup dovrà essere il numero di ore che vengono destinate al progetto.
Se infatti due persone partecipano alla startup con lo stesso capitale, ma una si impegna a tempo pieno e una a tempo parziale, potrebbe essere utile attribuire a quella che si impegna a tempo pieno una quota maggiore.
Naturalmente, è sempre bene ricordare che l’impegno delle persone fondatrici potrebbe cambiare nel tempo, e che una persona che oggi è impegnata a tempo pieno un domani potrebbe svincolarsi maggiormente dal suo coinvolgimento attivo nella gestione dell’impresa.
Per questo motivo è bene formalizzare attraverso un accordo chiaro quali debbano essere le attività che colui che ha ricevuto una quota maggiore deve garantire, per quanto periodo di tempo, e cosa potrebbe accadere nel caso di diminuzione dell’impegno o di abbandono della startup.
Anche il criterio del valore economico merita particolare attenzione. Intuibilmente, il cofondatore della startup che investe di più merita anche una quota più grande ma… con cautela: spesso infatti i mezzi propri conferiti nella startup sono poca cosa rispetto al capitale di debito che l’impresa acquisirà nei primi anni di vita, rendendo dunque il contributo dei co-fondatori piuttosto marginale rispetto al proprio stato patrimoniale.
Entra dunque in gioco un terzo criterio, sopra anticipato, quale quello della competenza e dell’immagine del co-fondatore. Niente vieta, naturalmente, di riconoscere a un imprenditore che ha già lunga esperienza nel settore o che desidera impegnarsi maggiormente in termini di visibilità, una quota maggiore.
Il nostro consiglio è quello di utilizzare tutti e tre i requisiti di cui sopra per arrivare a una ripartizione più efficace e condivisa.
Gli errori nella ripartizione delle quote di una startup
Se quanto sopra è sufficientemente chiaro, dovrebbe esserla – di conseguenza – anche la qualificazione errata dei criteri di ripartizione delle quote di una startup meno adatti. Ovvero, quali sono gli sbagli più comuni che vengono compiuti in questa delicata fase di costituzione dell’impresa?
Il primo, e più comune, è quello di limitarsi a una ripartizione paritaria delle quote. Intendiamoci, non c’è niente di male nel ripartire le quote in maniera equa (ad esempio, il 25% delle quote a ciascuno dei quattro soci) ma… siamo sicuri che sia sempre giusto?
Prova invece a riflettere – seguendo i principi di cui sopra – su ciò che sia realmente giusto per la tua startup, e cosa invece potrebbe non essere considerato tale dagli altri soci. Eventuali ripartizioni poco chiare potrebbero infatti determinare dei malumori che, prima o poi, saliranno alla ribalta determinando delle ripercussioni sulla gestione societaria.
Un secondo errore che viene spesso effettuato è esattamente l’opposto del primo sbaglio che qui abbiamo riassunto. Ovvero, effettuare una ripartizione delle quote eccessivamente disparitaria, che vada a privilegiare uno o più soci, a danno di altri co-fondatori.
Ebbene, attenzione a non fare troppe disparità di trattamento. Anche se un co-fondatore ha un ruolo preminente rispetto agli altri, dovresti comunque evitare che i co-fondatori di “minoranza” abbiano quote talmente marginali da sentirsi tagliati fuori dal destino societario. Inoltre, il loro impegno e la loro partecipazione attiva in società potrebbe crescere con il passare dei mesi e, dunque, ridurli a una quota complessivamente inferiore al 10% o al 5% potrebbe farli sentire esclusi.
Un altro errore in cui potresti cadere è quello di premiare eccessivamente le idee. A volte un cofondatore si sente in diritto di domandare una quota particolarmente pregiata nel capitale della startup solo ed esclusivamente perché ha avuto l’intuizione, l’idea di business.
Attenzione, però. Le idee sono importanti, ma le startup non sono fatte solo di idee. Cerca pertanto di dare il giusto merito a chi ha ideato il business, ma premiare soprattutto chi sta apportando nella compagine impegni e capitali.
Splitting Equity: una guida pratica alla ripartizione delle quote di una startup
In questa seconda parte del nostro approfondimento vogliamo entrare molto più nel concreto di questo dilemma, aiutandoti a ripartire le quote in maniera attendibile e ordinata. Condividendo questo percorso con gli altri cofounder, riuscirai certamente a creare le giuste basi per una operazione di splitting che risulti essere ben condivisa da tutti.
Valuta la startup
Prima ancora di comprendere in che modo puoi ripartire le quote della startup tra i vari cofondatori, è necessario effettuare un calcolo del valore della tua startup, tenendo a mente c he una cosa è la valutazione pre-money e una cosa è la valutazione post-money. La differenza sta nell’avere o meno ricevuto un finanziamento da parte dell’imprenditore: la valutazione pre-money sarà dunque la valutazione della startup prima del supporto finanziario, la valutazione post-money sarà invece quella della valutazione della startup dopo il supporto finanziario.
Senza spingerci troppo in profondità (ne parleremo in un separato approfondimento), la differenza non è certo marginale.
Ciò premesso, per stabilire quanto vale la tua startup ci sono dei metodi che spesso vengono chiamati in causa per arrivare a un risultato finale attendibile ed efficace. Per esempio, il metodo Berkus propone di attribuire un punteggio a cinque fattori di rischio:
- idea di base
- tecnologia di prodotto
- management
- relazioni strategiche
- rischio di produzione e vendita.
C’è poi il metodo Venture Capitalist, che si basa sul calcolo del ROI, del valore dell’azienda la momento della vendita e della valutazione post money. Come puoi ben immaginare, è da qui che devi partire: solamente una volta effettuato un calcolo del valore della tua startup potrai infatti pensare a come ripartire e quote.
Il metodo Demmler
Frank Demmler ha lavorato a un modello che spiega nel post:
The Founders’ Pie Calculator e che ho cercato di riportare nella maniera più fedele possibile.
Secondo Demmler bisogna considerare i seguenti fattori
Idea
È giusto affermare che senza l’idea originale, il business non ci sarebbe. Ma è anche giusto accettare che un business di successo è composto da un 1% di ispirazione e dal 99% di traspirazione.
Business plan
La stesura di una prima tabella di marcia richiede grande sforzo e tanto tempo. Richiede grandi doti di organizzazione, sintesi e soprattutto la capacità di produrre un documento che possa stuzzicare banche, investitori e chiunque vogliamo coinvolgere nell’impresa. Il piano è un elemento necessario alla partenza del business, ma spesso il valore reale è nell’esecuzione che va contro il piano stesso.
Esperienza nel settore
Che livello di conoscenza avete tu e i tuoi partner del settore alla base del vostro business? Conoscere il mercato e avere un portfolio di contatti utili può incrementare drasticamente le probabilità di successo e aumentare la velocità di crescita. In caso contrario, bisognerà pagare per avere in squadra questi asset, assumendo qualcuno e riconoscendogli delle quote.
Impegno e rischio
In una colazione americana a base di uova e pancetta, possiamo dire tranquillamente che la gallina è coinvolta nel piatto, ma è il maiale che ci ha messo tutto se stesso. Allo stesso modo, se tra i fondatori ci sarà chi si butta a capofitto, rischiando tutto in prima persona e chi si mette a bordo campo agitando le mani. Una distinzione in questi termini andrebbe fatta.
Responsabilità
Chi fa cosa? Chi sta sveglio la notte per far quadrare i conti? Analizzare ogni area di contribuzione rappresenta il primo step per disegnare un’appropriata suddivisione delle quote. Il passo successivo è attribuire un valore appropriato ad ogni fattore assegnando ogni socio a un fattore e fare i conti in base a quello. Il risultato ti darà un punto di partenza ragionevole sulla suddivisione delle quote.
Il sistema di Demmler dimostra quanto sia complicato suddividere la torta del valore fra i fondatori di una startup. Serve tempo e ogni azione va ragionata con la massima attenzione. Altrimenti, scopriremo solo troppo tardi che esistono soci insoddisfatti delle quote assegnate e che hanno passato tutto il tempo a covare rancore anziché essere positivi.
Molte aziende sono fallite proprio per questo!