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Che cosa è una startup. Diciamolo una volta per tutte

Che cosa è una startup? Le startup non sono piccole e medie imprese (PMI), e non dovrebbero aspirare a diventarlo. Parola di Gianmarco Carnovale.

In un momento storico in cui si parla tanto di innovazione e di nuove imprese, è importante soffermarsi sulle basi e chiarire cosa si intende veramente per “startup”. Ancora oggi, infatti, questo concetto non è chiaro a tutti e spesso viene confuso con altre forme di impresa. Per fare luce su questo tema, abbiamo tratto spunto da alcuni post di Gianmarco Carnovale, uno dei massimi esperti italiani nel campo dell’innovazione e del venture capital.

Differenza tra startup e PMI

Le startup non sono piccole e medie imprese (PMI), e non dovrebbero aspirare a diventarlo.

Le startup non sono piccole e medie imprese (PMI), e non dovrebbero aspirare a diventarlo.

Questa affermazione, che potrebbe sembrare provocatoria, riflette una realtà fondamentale del mondo dell’innovazione. Le startup sono laboratori sperimentali di grande impresa, e se falliscono, è accettabile una ricaduta come PMI. Tuttavia, l’obiettivo primario è diverso: le startup devono mirare a crescere e a scalare, non a stabilizzarsi in una forma ridotta.

Le startup devono mirare a crescere e a scalare, non a stabilizzarsi in una forma ridotta.

La matematica degli investimenti in startup

Il modello di investimento nelle startup segue un principio molto semplice: l’imbuto. Questo processo si articola in diverse fasi, ognuna delle quali riduce progressivamente il numero di startup che ricevono ulteriori finanziamenti. Inizialmente, si forniscono risorse a molte startup in fase pre-seed; successivamente, solo una parte di queste riceve ulteriori fondi nella fase seed; ancora meno startup accedono ai finanziamenti di serie A, fino ad arrivare alle pochissime che ricevono investimenti significativi nelle fasi B, C e oltre.

Gianmarco Carnovale - Presidente di Roma Startup
Gianmarco Carnovale – Presidente di Roma Startup e fra i massimi esperti italiani nel campo dell’innovazione e del venture capital.

Il meccanismo che determina il passaggio da una fase all’altra si basa su criteri di evidenza e non su scelte arbitrarie. Le decisioni di investimento vengono prese in base al superamento di tappe codificate, simili ai livelli scolastici. Ogni startup deve dimostrare di aver raggiunto determinati obiettivi per poter accedere al livello successivo di finanziamento.

Le tappe fondamentali del successo

Le tappe che permettono di avanzare nell’imbuto degli investimenti sono definite a livello internazionale:

  1. Capitale umano: L’accesso alla fase pre-seed si basa sulla presenza di un team con competenze tecniche e trasversali in linea con l’idea e il mercato in cui si vuole operare.
  2. Validazione dell’idea: Per accedere alla fase seed, è necessario dimostrare il cosiddetto ‘problem/solution fit’, ovvero che esiste un interesse reale da parte degli utenti nel prodotto o servizio proposto.
  3. Validazione del modello di business: L’accesso ai finanziamenti di serie A richiede la dimostrazione del ‘product/market fit’, cioè la capacità di generare ricavi ricorrenti e sostenibili con il prodotto o prototipo avanzato.

Le fasi successive di investimento si basano sulla crescita del fatturato e sull’espansione del mercato.

La logica degli investimenti

Il sistema degli investimenti in startup è progettato in modo che moltissimi piccoli investimenti vengano fatti all’inizio, mentre solo pochissimi e di grande entità vengono fatti alla fine.

Il sistema degli investimenti in startup è progettato in modo che moltissimi piccoli investimenti vengano fatti all’inizio, mentre solo pochissimi e di grande entità vengono fatti alla fine.

Questo perché la matematica finanziaria del settore ha dimostrato, da oltre 50 anni, che i pochissimi successi ottenuti ripagano ampiamente tutti gli investimenti iniziali su chi non ce la fa. Non esistono metodi “più intelligenti” per farlo, o li avrebbero già inventati nella Silicon Valley.

Motivare i talenti e competere globalmente

Per ottenere risultati eccellenti, come un Premio Nobel per la fisica, è necessario partire da una vasta base di talenti. Questo principio si applica anche al mondo delle startup: per creare unicorni italiani, è necessario motivare il maggior numero possibile di talenti a provarci. Ciò richiede l’abbassamento delle soglie di ingresso, la facilitazione dell’accesso ai capitali, l’eliminazione dei costi di fallimento e la competizione con altre nazioni per attirare e trattenere capitale umano.

Per creare unicorni italiani, è necessario motivare il maggior numero possibile di talenti a provarci. Ciò richiede l’abbassamento delle soglie di ingresso, la facilitazione dell’accesso ai capitali, l’eliminazione dei costi di fallimento e la competizione con altre nazioni per attirare e trattenere capitale umano.

L’Italia, purtroppo, è spesso vista come un Paese che permette ai suoi talenti di emigrare senza opporre resistenza, una situazione che limita fortemente la capacità di generare nuove grandi imprese sul territorio nazionale.

La necessità di un cambiamento di paradigma

Il quadro normativo italiano relativo alle startup e agli investimenti di venture capital non sposa ancora pienamente i principi sopra descritti. Andare nella direzione di questi principi significa creare le condizioni per far nascere e crescere unicorni italiani, ovvero nuove grandi imprese in grado di creare lavoro e innovazione in Italia. Ignorare questa direzione significa continuare a perdere tempo, risorse (sia pubbliche che private) e competitività strategica a livello globale.

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