Una generazione che inventa il lavoro
Gli EET non sono semplicemente giovani occupati, ma protagonisti di un rinascimento imprenditoriale. I dati del Focus Censis-Confcooperative 2024 rivelano come circa 144.000 giovani imprenditori abbiano intrapreso iniziative in settori ad alta intensità tecnologica e intellettuale, confermando una spiccata propensione all’innovazione.
I dati del Focus Censis-Confcooperative 2024 rivelano come circa 144.000 giovani imprenditori abbiano intrapreso iniziative in settori ad alta intensità tecnologica e intellettuale
Questo fenomeno si inserisce in una più ampia trasformazione dell’occupazione giovanile, che, dopo le difficoltà della pandemia, ha intrapreso una crescita costante dal 2021, superando i 3 milioni di occupati nella fascia 15-29 anni nel 2023.
Un nuovo volto per l’imprenditorialità giovanile
La scelta dei settori in cui i giovani decidono di investire riflette la loro capacità di adattarsi alle esigenze di un mercato del lavoro sempre più digitalizzato. Tra il 2017 e il 2024, le imprese giovanili attive nella pubblicità e nelle ricerche di mercato sono triplicate (+228,7%), seguite da quelle nei servizi di direzione aziendale e consulenza gestionale (+206,4%) e nella produzione di software (+52,4%).
Molti giovani scelgono di mettersi in proprio, vedendo nell’imprenditorialità non solo un modo per affrontare le sfide occupazionali, ma anche un’opportunità per realizzare progetti innovativi e personali. Questo slancio verso l’autoimprenditorialità dimostra una crescente consapevolezza del proprio potenziale e una maggiore sicurezza nelle competenze acquisite, sia attraverso l’istruzione che grazie all’esperienza diretta.
Distribuzione geografica e valore economico
Geograficamente, gli EET si distribuiscono in modo interessante: il 35,4% si concentra nel Mezzogiorno, il 28,5% nel Nord-Ovest, il 19,4% nel Nord-Est e il 16,7% al Centro. Questa presenza nel Sud, spesso associato a tassi di disoccupazione elevati, dimostra una vitalità che sfida gli stereotipi legati all’immobilismo economico del Meridione.
Geograficamente, gli EET si distribuiscono in modo interessante: il 35,4% si concentra nel Mezzogiorno, il 28,5% nel Nord-Ovest, il 19,4% nel Nord-Est e il 16,7% al Centro.
Dal punto di vista economico, i giovani lavoratori generano un valore complessivo di 52,2 miliardi di euro, pari al 2,5% del PIL nazionale. Questo contributo evidenzia come gli EET rappresentino non solo una risposta individuale alle sfide occupazionali, ma anche una risorsa strategica per il sistema economico italiano.
Un mercato del lavoro sempre più qualificato
L’evoluzione del mercato del lavoro riflette una crescente domanda di competenze avanzate. Tra il 2019 e il 2023, la quota di giovani occupati con laurea o post-laurea è cresciuta del 3,1%, raggiungendo il 23,5%, mentre si è ridotta del 2,7% la presenza di lavoratori con sola licenza media.
Questa transizione verso un’economia delle competenze pone sfide importanti: da un lato, è necessario allineare il sistema formativo alle nuove esigenze del mercato; dall’altro, occorre affrontare il persistente gender gap. Nel 2023, il divario nei tassi di occupazione tra uomini e donne nella fascia 15-29 anni era ancora di 10,4 punti percentuali.
Le criticità dei NEET: un potenziale inespresso
Se gli EET incarnano il lato luminoso della gioventù italiana, i NEET rappresentano ancora una questione irrisolta. Sebbene il numero di NEET sia diminuito del 28,3% tra il 2019 e il 2023, essi costituiscono ancora il 16,1% della popolazione giovanile.
Sebbene il numero di NEET sia diminuito del 28,3% tra il 2019 e il 2023, essi costituiscono ancora il 16,1% della popolazione giovanile.
Questa situazione ha implicazioni economiche significative: il mancato inserimento dei NEET nel mercato del lavoro costa all’Italia circa 15,7 miliardi di euro all’anno, pari allo 0,75% del PIL. Recuperare anche una parte di questa fascia potrebbe rappresentare un ulteriore motore di crescita per il Paese.