Crowdfunding e investitori istituzionali cosa c’è da sapere
Qual è il rapporto tra crowdfunding e investitori istituzionali e perché una relazione proficua tra i soggetti coinvolti sul mercato degli investimenti in startup e PMI porta vantaggi sia ai founder delle aziende in raccolta sia agli investitori e ai fondi.
Crowdfunding e investitori istituzionali: qual è la relazione tra la forma di finanziamento dal basso più vantaggiosa per le aziende che non possono o non vogliono rivolgersi alle Banche e gli investitori cosiddetti istituzionali?
Ne abbiamo parlato con Dario Giudici CEO di Mamacrowd, tra le principali piattaforme autorizzate all’equity crowdfunding in Italia e parte del Gruppo Azimut, nota società di gestione del risparmio presente in diversi paesi del mondo, che è anche il più grande operatore indipendente quotato su Borsa Italiana.
La società Azimut era entrata a far parte del capitale di Mamacrowd già nel 2013, perché aveva intuito (ancora prima che il mercato dell’equity crowdfunding italiano si strutturasse) l’importanza dello strumento per gli investitori interessati a differenziare e per le aziende in cerca di fondi.
Nel 2021 Azimut ha acquisito la maggioranza di Mamacrowd e questa vicinanza, pressoché unica nel panorama italiano, ci aiuta a comprendere ancora meglio quale può essere il rapporto tra crowdfunding e investitori istituzionali.
Innanzitutto partiamo con una breve definizione di investitore istituzionale per capire meglio di cosa stiamo parlando.
Chi sono gli investitori istituzionali
La definizione più ampia di investitori istituzionali abbraccia tutti gli operatori economici (società private ma anche enti pubblici) che raccolgono fondi da diversi soggetti, con l’obiettivo di investirli opportunamente sul mercato.
Gli investitori istituzionali svolgono attività di intermediazione finanziaria, cioè accumulano importanti quantità di denaro, raccogliendole da singoli investitori o gruppi di persone, e perseguono di volta in volta e caso per caso gli obiettivi di crescita del patrimonio prefissati. L’operatività cambia a seconda degli specifici obiettivi di rendimento e del tasso di rischio accettabile per gli investitori.
Per chiarire: tra gli investitori istituzionali troviamo sia i fondi pensione sia i fondi speculativi (hedge fund).
Crowdfunding e investitori istituzionali: addio all’obbligo
Fino a fine maggio 2023, il Regolamento italiano sull’equity crowdfunding, redatto da Consob e adottato con la delibera n. 18592 del 2013, prevedeva la necessità, per perfezionare una raccolta sui portali autorizzati, che alla campagna partecipassero uno o più investitori istituzionali, coprendo almeno il 5% della raccolta complessiva.
Questo perché l’investimento da parte di investitori professionali è stato da sempre percepito dall’ente regolatore come una forma di tutela potenziale ulteriore nei confronti degli investitori retail.
In che senso? Investire in startup e PMI tramite equity crowdfunding significa fare un investimento ad alto tasso di rischio. Ma quando portali e altri soggetti (come gli investitori istituzionali) eseguono attente attività di due diligence sul progetto in crowdfunding, le possibilità di successo dell’azienda sono considerate maggiori, perché sono state riconosciute da professionisti del settore.
L’investimento da parte di investitori professionali è stato da sempre percepito dall’ente regolatore come una forma di tutela potenziale ulteriore nei confronti degli investitori retail
ll Regolamento Consob sull’equity crowdfunding di cui stiamo parlando è ormai superato, perché il 1 giugno è entrato in vigore quello nuovo, necessario per il recepimento del Regolamento Europeo sul crowdfunding.
L’Europa non ha ritenuto necessario prevedere l’obbligo di un investimento da parte di un soggetto professionale per chiudere con successo una campagna. Ma visto che la possibilità che questo accada c’è ancora, cerchiamo di capire quali sono esattamente i soggetti potenzialmente coinvolti e perché è interessante se un investitore istituzionale sceglie di partecipare a una raccolta di equity crowdfunding.
Crowdfunding e investitori istituzionali: i soggetti coinvolti
Il vecchio regolamento Consob sul crowdfunding prevedeva che il gestore del portale dovesse verificare che almeno il 5% degli strumenti finanziari offerti fosse stato sottoscritto da uno o più soggetti professionali e cioè:
- fondazioni bancarie
- investitori istituzionali come hedge fund e fondi pensione
- incubatori di start-up innovative
- investitori a supporto delle PMI con un valore del portafoglio di strumenti finanziari, inclusi i depositi in contante, superiore a 500 mila euro e in possesso dei requisiti di onorabilità previsti dall’art. 8, comma 1 e da tutti gli altri requisiti di legge
La soglia del 5% nel Regolamento era ridotta al 3% per le offerte effettuate da PMI in possesso della certificazione del bilancio e di un eventuale bilancio consolidato, relativamente agli ultimi due esercizi precedenti l’offerta, redatti da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro ufficiale.
La collaborazione tra piattaforme e investitori istituzionali
«Penso che il rapporto di Mamacrowd con Azimut porti valore non solo alla piattaforma ma a tutto il sistema dell’equity crowdfunding – spiega Dario Giudici –. Perché ci consente di creare sinergie virtuose e di avvicinare professionalità altamente specializzate e ulteriori risorse alle startup e alle PMI in raccolta.
Anche per questo motivo abbiamo creato il progetto ALIcrowd, che è arrivato alla sua terza edizione in tre anni, con un massimale da 40 milioni di euro nel 2023, e che dà la possibilità agli investitori retail di accedere, attraverso un unico investimento, a un portafoglio diversificato composto dalle più promettenti startup e PMI innovative, con deal che sono stati approvati da Azimut e validati dal mercato. In questo modo anche i piccoli investitori non professionali possono investire in un prodotto che normalmente è dedicato solo agli investitori istituzionali».
La collaborazione tra investitori istituzionali e piattaforme, che hanno il compito fondamentale di selezionare progetti validi e realmente innovativi, rappresenta quindi un’occasione molto interessante sia per gli imprenditori alla ricerca di capitali sia per gli investitori retail.
Lato founder questo modello ibrido aumenta la fiducia percepita dall’investitore non professionale, perché se a investire in un progetto c’è anche un investitore istituzionale il progetto stesso viene percepito come un’opportunità di maggior valore o quantomeno già validata dal mercato. Diventa quindi più semplice per l’imprenditore chiudere con successo la raccolta “portando a casa” un importo che va anche molto al di là dell’obiettivo minimo.
Lato investitore la presenza di un soggetto professionale che ha svolto una ulteriore ricerca e due diligence sul progetto in crowdfunding rappresenta una sicurezza. L’investimento resta ad alto rischio ma in qualche modo la sua bontà e le sue reali possibilità di successo vengono confermate da chi conosce bene il mercato.
Come opera Azimut con Mamacrowd
Azimut ha creato dei fondi che sono stati oggetto di raccolta di capitali e sono questi fondi a investire su alcune delle aziende che Mamacrowd seleziona per le operazioni di equity crowdfunding sul portale. Si tratta di una forma di relazione tra crowdfunding e investitori istituzionali pressoché unica sul mercato.
«Mamacrowd propone le opportunità di investimento ad Azimut dopo la propria attività di selezione (molto severa) e due diligence. Poi è Azimut a svolgere una seconda operazione di selezione attraverso la sua SGR (Società di Gestione del Risparmio) e il lavoro di una serie di comitati interni, per decidere se investire oppure no in fase di campagna, generalmente all’inizio della raccolta di equity crowdfunding – racconta Giudici –.
Azimut richiede alle società che Mamacrowd ha ritenuto idonee per l’equity crowdfunding una serie di documenti aggiuntivi, che i nostri operatori aiutano i founder e i loro team a produrre. Ovviamente non tutte le realtà sono adatte a essere oggetto di investimento da parte dei fondi ALIcrowd, anche per ragioni di maturità del progetto. Una startup in fase molto early generalmente non ha le caratteristiche tecniche per essere interessante per Azimut.
Non c’è una regola scritta, ma la policy del fondo è quella di investire almeno mezzo milione di euro, mentre un altro mezzo viene raccolto dalla crowd. Parliamo quindi di startup e PMI che devono avere le carte in regola per raccogliere almeno un milione di euro, sono cioè in possesso di una valutazione pre money adeguata, non rischiano una diluizione eccessiva e hanno già una presenza abbastanza consolidata sul mercato. Inoltre, Azimut deve selezionare i progetti sulla base di logiche di diversificazione del portafoglio».
Le nostre conclusioni sulla relazione tra crowdfunding e investitori istituzionali
Anche per un fondo come Azimut è interessante avere l’opportunità di investire nelle campagne in raccolta, perché se una startup o una PMI dimostra di essere interessante per gli investitori avviene una sorta di contro validazione: il mercato apprezza effettivamente l’azienda che i professionisti di Azimut hanno selezionato.
Possiamo quindi concludere dicendo che la relazione tra crowdfunding e investitori istituzionali è una relazione bidirezionale, una sinergia di valore per tutti i soggetti coinvolti. Gli investitori, inoltre, stanno mostrando di apprezzare la possibilità di investire sia nei fondi come ALIcrowd sia nelle realtà che loro stessi e il fondo ritengono interessanti, in parallelo.
È abbastanza raro sul mercato che un fondo come Azimut dia visibilità alle proprie scelte di investimento, dando la possibilità di investire anche direttamente in un’operazione di raccolta fondi ritenuta valida. E questo, secondo l’osservatorio interno di Mamacrowd, sta attirando l’interesse di molti. Questo tipo di approccio potrebbe aprire nuove frontiere nella relazione tra investitori retail, crowdfunding e investitori istituzionali.