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Smartphone, l’avanzata dei cinafonini

Cambiano gli equilibri dei grandi produttori di smartphone

L’universo dei telefoni cellulari ha visto nel corso degli anni un riassetto totale dei player che giocavano al suo interno. Qualche tempo fa c’erano marchi che guidavano il mercato e mai avremmo pensato che un cambio velocissimo delle regole, dei gusti dei consumatori e di un mancato riadattamento avrebbe causato il crollo di realtà come Nokia, Motorola, Panasonic o Rim. Fino allo scorso anno era ragionevole sostenere che il mondo degli smartphone fosse sostanzialmente suddiviso fra sistemi iOS e Android e che Apple e Samsung guidassero il mercato senza paura di alcun rivale. Ma le cose non stanno così e potrebbero cambiare ancora una volta. Esiste una fascia di persone, ed è la maggior parte, che non è disposta a pagare più di 300 euro per uno smartphone e che non sarà mai un cliente di Apple e non acquisterà mai un Galaxy S5. Esiste una precisa richiesta e qualcuno l’ha intercettata prima degli altri. Sono produttori cinesi come Xiaomi, da alcuni immeritatamente soprannominata la Apple cinese, che hanno iniziato in sordina a produrre tecnologia a basso costo e quasi nell’indifferenza dei big player hanno rosicchiato grosse fette di mercato.

Oggi la quota di mercato di Samsung è scesa al 25%, i profitti sono crollati del 60%. Ma la situazione non si è ancora stabilizzata e i manager dell’azienda coreana hanno annunciato che i dati in arrivo segneranno ancora delle perdite.

Ma chi sono i principali nemici di Samsung? Beh adesso oltre alla storica Apple americana c’è anche la neonata Apple cinese: Xiaomi. Esistono però tantissimi altri marchi che realizzano perlopiù cloni di modelli famosi e stanno arrivando sul mercato proponendo smartphone a prezzi che partono dai 100 euro, sono i cosiddetti cinafonini. Qui un sito ad essi dedicato.

 

In quattro anni ha conquistato la Cina

Ma il rivale più temibile per Samsung rimane Xiaomi. In fin dei conti quest’azienda fondata da Lei Jun solo nel 2010 potrebbe essere considerata poco più che una startup. Com’è possibile che in meno di quattro anni di attività, un marchio lanciato da un quarantenne riesce a far tremare le gambe ai colossi mondiali della telefonia? Perchè ha interecettato una fetta di mercato e l’ha aggredita. Telefoni low cost per diffondere il marchio e dare a tutti la possibilità di comprarsi uno smartphone Android, modelli di fascia alta che da un punto di vista prestazionale (almeno per una persona comune) risulta difficile differenziare dai dispositivi di punta di Samsung, ma con un costo decisamente inferiore. L’operazione è riuscita perchè nel secondo trimestre 2014 Xiaomi ha venduto 15 milioni di smartphone diventando numero uno in Cina e superando Samsung che ne ha venduti “solo” 13,2 milioni. Oggi Xiaomi detiene il 5,1% del mercato globale subito dopo Lenovo e Huawei, cinesi anche loro.

Lei Jun, chiamato anche lo Steve Jobs cinese, ma a questo punto il parallelismo non ci sorprende più, è fiero di questo immenso successo e continua a organizzare eventi spettacolari per la presentazione dei suoi dispositivi rifacendosi molto alla mimica e al carisma del fondatore di Apple. Cerca di fidelizzare i propri clienti, vende i telefoni praticamente a prezzo di costo per penetrare il mercato e guadagna attraverso il proprio ecosistema di servizi e applicazioni. Ha personalizzato Android creandone una versione chiamata Miui. Ascolta i suggerimenti dei fan e aggiorna continuamente i sistemi che vende con software nuovo di zecca rilasciato ogni venerdi. Ha creato una comunità di fedelissimi e in questo modo ha conquistato la Cina. Quanto ci vorrà prima che decida di conquistare anche il resto del mondo?

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