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Crisi e tasse: in otto anni chiuse 158mila imprese

In queste pagine parliamo di startup ovvero di aziende che aprono e accettano la sfida che il mercato attuale impone. Si apre sempre con grandi sogni e le migliori intenzioni del mondo, ma è bene non commettere passi falsi e restare sempre con i piedi per terra. Il momento non è facile (del resto questa …

In queste pagine parliamo di startup ovvero di aziende che aprono e accettano la sfida che il mercato attuale impone. Si apre sempre con grandi sogni e le migliori intenzioni del mondo, ma è bene non commettere passi falsi e restare sempre con i piedi per terra. Il momento non è facile (del resto questa condizione perdura da anni) e prima di imbarcarci in una nova avventura imprenditoriale, dobbiamo sempre capire se il nostro progetto è in grado di tenersi in piedi e fatturare. Le idee e i sogni non sono accettati dallo Stato e dai fornitori come moneta di pagamento e l’elenco di aziende che si arrendono e chiudono i battenti devono rappresentare per noi un monito da non sottovalutare.

I dati della CGIA di Mestre

Gli ultimi dati pubblicati dalla CGIA di Mestre, in Italia probabilmente la più attiva in assoluto, ci raccontano di un Paese che sta perdendo in maniera inesorabile una categoria di imprese preziosissime: i negozi di vicinato.

Negli ultimi 8 anni (*) abbiamo perso quasi 158.000 imprese attive tra botteghe artigiane e piccoli negozi di vicinato (**). Di queste, oltre 145.000 operavano nell’artigianato e poco più di 12.000 nel piccolo commercio. La CGIA stima che a seguito di queste chiusure abbiano perso il lavoro poco meno di 400.000 addetti.

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(*) giugno 2017 su giugno 2009;
(**) le piccole attività commerciali, dette anche imprese del commercio al dettaglio, sono state conteggiate al netto della quota residuale di imprese artigiane (iscritte nell’albo artigiano nella divisione commercio al dettaglio e quindi già comprese nelle statistiche tra le imprese artigiane).

 

Perché le attività chiudono

Si tratta di un vero e proprio bollettino di guerra. Certo, questi sono negozi fisici e probabilmente la nostra idea innovativa avrà casa sul Web o in un’app e venderà servizi o prodotti dall’appeal irresistibile. Però dedichiamo ancora qualche secondo alle cause che hanno determinato tutte queste chiusure. Ce le elenca Paolo Zabeo, il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA:

La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la burocrazia, la mancanza di credito e l’impennata del costo degli affitti sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori ad abbassare definitivamente la saracinesca della propria bottega. Se, inoltre, teniamo conto che negli ultimi 15 anni le politiche commerciali della grande distribuzione si sono fatte sempre più mirate ed aggressive, per molti artigiani e piccoli negozianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata quella di gettare definitivamente la spugna.

Voci come “crisi, calo dei consumi, tasse, burocrazia, mancanza di credito e impennata del costo degli affitti” non sono tipiche solo dei negozi fisici, ma riguardano tutti ed è bene farci i conti. Prima di chiamare il notaio per costuire una startup è sempre meglio contatatre un buon commercialista e fare due conti.

Prima di chiamare il notaio per costuire una startup è sempre meglio contattare un buon commercialista e fare due conti.

Un lungo percorso

In questi ultimi 8 anni, lo stock complessivo delle imprese attive nell’artigianato è costantemente sceso da 1.463.318 a 1.322.640, le attività del commercio al dettaglio, invece, sono diminuite in misura più contenuta. Se nel 2009 erano 805.147, nel giugno di quest’anno si sono attestate a quota 793.102” leggiamo ancora nel report della Camera di Commercio.

Le categorie artigiane che dal 2009 hanno subito le contrazioni più importanti sono state quelle degli autotrasportatori (-30 per cento), i falegnami (-27,7 per cento), gli edili (-27,6 per cento) e i produttori di mobili (-23,8 per cento). In contro tendenza, invece, il numero di parrucchieri ed estetisti (+2,4 per cento), gli alimentaristi (+2,8 per cento), i taxisti/autonoleggiatori (+6,6 per cento), le gelaterie/pasticcerie/take away (+16,6 per cento), i designer (+44,8 per cento) e i riparatori/manutentori/installatori di macchine (+58 per cento).

 

I dati geografici

Ritornando ai dati, il Sud è stata l’area geografica più colpita dalla chiusura delle attività artigianali. Sempre dal giugno del 2009 allo stesso mese di quest’anno, la diminuzione è stata del 12,4 per cento. Ecco le regioni  che hanno subito la contrazione più forte:

  • Sardegna (-17,1 per cento),
  • Abruzzo (-14,5 per cento),
  • Sicilia (-13,5 per cento),
  • Molise (-13,2 per cento)
  • Basilicata (-13,1 per cento)

In termini assoluti, invece, è la Lombardia (-18.652) il territorio che ha registrato il numero di chiusure più elevato. Seguono l’Emilia Romagna (-16.466), il Piemonte (-15.333) e il Veneto (-14.883). Anche nell’ultimo anno la contrazione del numero delle imprese artigiane attive nel paese ha interessato tutte le 20 regioni d’Italia.

 

Business Development Manager at Dynamo, Author Manuale di Equity Crowdfunding, Angel Investor in CrossFund, Journalist, Crowdfunding Marketing Strategist, Startup-News.it founder, IED Lecturer.

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